Il Poeta e la sua Musa
Cantami o Diva,
se sei figlia o sei sposa,
perché questa è l’altalena
che asseta la mente
di un poeta.
Tu hai l’Oltre-bellezza,
Ma coglierla tocca a chi la scorge,
E dal cercar oltre
la bellezza
ti darò riparo,
qui trovi già il divano:
ora taci, o Ermione,
comportati da musa,
ti rendo muta,
affinché tu sia raccontata,
ti voglio nuda,
perché l’intelligenza
è un’antologia per gli uomini,
e sulla pagina
ci stai più comoda distesa
che nella firma;
Se sarai la mia natura morta
Io ti farò eterna,
come eterno è il Padre
che ti ha dato in dono
allo sguardo dell’uomo.
Agli osservatori
Lo chiamano cielo,
per noi è carta da parati;
lo chiamano mondo,
per noi è un acquario;
per loro è carne
per noi è lo scheletro;
siamo condannati
a conoscere lo spartito,
senza saper suonare.
Loro sentono lo sparo,
noi sappiamo chi è l’assassino.
Bacio
Del mio viso
scendevi i gradini;
alla soglia dello sguardo,
al primo piano,
davi al naso
un tocco leggero
di campanello,
uno sguardo furtivo
dallo spioncino
e con un giro di chiavi
tra i denti serrati,
uno schiocco
della lingua
schiudeva la porta
alla tua bocca.
Macchie
La tua assenza è la macchia
sulla tovaglia
che il caffè
non ha risparmiato;
è la scia sedimentata
del dentifricio
sul maglione,
e permane
nel calco nero
dei tuoi occhi
sull’asciugamano.
Non sono i fossili
delle tue distrazioni,
piuttosto, contaminazioni:
lasciare una macchia
dove avresti potuto
lasciare traccia.