Articolo di Enrico Liverani
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Quando mi è stato chiesto di occuparmi di Fight Club ho sottovalutato i due problemi che affliggono solitamente il recensore cinematografico:
- Quando si va a parlare di un cult, qualsiasi cosa lo scriba possa produrre, troverà sempre qualcuno che avrà da ridire.
- Se del cult in questione ha già parlato Roger Ebert, la produzione del critico odierno sarà sempre inferiore.
E allora partiamo proprio da quello che lo zio Roger scrisse a proposito del film in questione:
“Fight Club” è una montagna russa mascherata da filosofia — il tipo di montagna russa in cui alcuni finiscono per vomitare mentre altri non vedono l’ora di salirci di nuovo
Che vi avevo detto? Difficile fare meglio. Ma Ebert scrisse questo commento nel 1999 ed essendo scomparso nel 2013 non può sapere cosa abbia lasciato Fight Club a quasi venticinque anni dalla sua uscita.Ecco la strada per il critico del 2023: come è invecchiato il messaggio e il significato del film? Cosa possono rappresentare oggi quei personaggi?
TU LO CONOSCI TYLER DURDEN?
L’opera in sé non ha bisogno di presentazioni: è uno dei film più noti di David Fincher (regista, tra gli altri, anche di Zodiac, Se7en e Il curioso caso di Benjamin Button) e ha segnato in maniera indelebile le carriere dei suoi due protagonisti, Brad Pitt ed Edward Norton, che si consegnano alla Storia del Cinema con le loro perfomance. Norton interpreta un incolore impiegato amministrativo, chiuso e rinchiuso nel suo nido arredato Ikea, senza hobby o particolare interessi, tanto da non avere nemmeno un nome. Una castrazione emotiva, insomma. E l’analogia non è casuale: il Protagonista entra realmente in contatto con un gruppo di sostegno per uomini cui sono stati asportati i testicoli a seguito del cancro e rimane molto colpito dal trasporto emotivo di questi derelitti. Talmente colpito da decidere di frequentare costantemente riunioni di malati, trovando una sorta di conforto nel loro sfogo e sviluppando una sorta di dipendenza dai gruppi di sostegno per le disgrazie altrui. Quasi che la sua vita sia talmente noiosa che solo il fingersi malato di una malattia immaginaria possa aiutarlo ad aprirsi per ricevere il conforto altrui e sconfiggere così l’insonnia che lo affligge. Questa insonnia è causata dal jet-lag dovuto alla sua necessità di spostarsi per lavoro da un parte all’altra degli Stati Uniti (praticamente il Protagonista vive tra l’appartamento e l’aereo, tra un non-luogo e l’altro) ed è proprio durante uno dei suoi viaggi che il protagonista conosce Tyler Durden, un affascinante (avete presente Brad Pitt? Ecco) e carismatico produttore di sapone. Il Protagonista sarà molto colpito dalla sua personalità ribelle e anticonformista e, quando si ritroverà senza casa a seguito dell’eplosione del suo appartamento, i due diverranno anche coinquilini. Ben presto il Narratore troverà in Tyler non solo un amico, ma quasi una guida spirituale. Sarà proprio Durden a fargli scoprire un nuovo sfogo basato sul picchiarsi e sul lottare senza alcuno scopo preciso, non per uccidere o per competere, ma per tirare fuori quella rabbia che la middle class americana del 1999 cova silenziosamente. Il Fight Club riscuote un grandissimo successo, i membri aumentano e nuove sedi si aprono di città in città, Tyler diventa un mito e comincia a radunare un vero e proprio esercito di uomini disposti a seguirlo ciecamente. Anche fino alla morte. L’organizzazione, denominata “Progetto Mayhem”, si dedica ad una serie di atti vandalici che presto evolvono in vero e proprio terrorismo. Il Progetto raccoglie sempre più adepti e progetta uno spettacolare attentato dinamitardo contro i più importanti palazzi d’affari. Il Protagonista, resosi conto che il tutto si è spinto troppo oltre, cerca Tyler per fermarlo, ma questi sembra essere sparito. Sembra non esistere nonostante in tutto il Paese ci siano adepti del Progetto Mayhem che lo venerano. Una sera senza preavviso, quando il Narratore è distrutto dall’insonnia, ecco che gli appare proprio Tyler. Ed è il momento in cui capisce che Tyler non esiste, o meglio, non esiste come persona fisica, ma solo come sua proiezione mentale. I due sono la stessa persona, solo che in questa forma di schizofrenia una personalità ignora l’esistenza dell’altra, mentre l’altra è perfettamente consapevole di tale dicotomia.
QUALCUNO ANDAVA AL FIGHT CLUB
Senza stare a scomodare Freud, una definizione di quello che sono il Protagonista e Tyler la fornisce Giorgio Gaber quando parla dell’individuo animato dall’ideologia «come due persone in una». Da una parte «l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana» e dall’altra «il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo, per cambiare veramente la vita». Il titolo della canzone è Qualcuno era comunista e ciò suona vagamente ironico dato il tono fortemente anticapitalista del film. E non è, perciò, un caso che molte organizzazioni e monumenti che generalmente vanno dalla sinistra/estrema sinistra fino all’anarchismo abbiano adottato l’opera di Fincher come simbolo e Tyler Durden come feticcio e riferimento.
Il personaggio interpretato da Brad Pitt nasce, infatti, come figlio di quella cultura tipica della seconda metà degli anni ‘90 che unì un po’ di tarda estetica punk, sentimenti di ribellione eterni e tipici dei giovani di ogni epoca e una vaga idea di no future, poi evolutasi in no global. Il problema è che questa cultura è col tempo decisamente invecchiata. E nemmeno troppo bene: i descamisados di ieri hanno inseguito finché hanno potuto questa ideologia che (forse forse) nemmeno loro avevano capito del tutto, poi sono arrivati il mutuo da pagare e i figli da mantenere per qualcuno e la candidatura con il Movimento 5 Stelle per qualcun altro. La vera ironia è che, in un modo o nell’altro, la stragrande maggioranza di chi credeva in un Progetto Mayhem nel mondo reale e predicava il no future, alla fine un futuro lo ha avuto: un lavoro, una casa, una macchina e dei figli, dei giovani che – altra grande beffa – magari credono ad un domani migliore senza bisogno di far saltare in aria palazzi, ma poi vedono quanto il disastro lasciato dalle generazioni precedenti sia conclamato e come sembri soffocare ogni iniziativa ed ecco che alla voglia di cambiamento subentra la frustrazione. E cosa sono i ragazzi che su TikTok organizzano risse di massa senza apparente motivo se non un Fight Club 2.0?
…E ALLA FINE ARRIVA MARLA
Se nel 2023 ancora si trovano personaggi come quello interpretato da Norton (si noti: non è un bene) e pure Tyler Durden ha gli alimenti da pagare alla Jolie, c’è un personaggio di Fight Club che ancora oggi costituisce un esempio positivo o, quantomeno, non così negativo. Quel personaggio è Marla Singer: una donna che vive secondo la filosofia che si può morire da un momento all’altro e che la vera tragedia è che non succede. Interpretata da una grandissima Helena Bonham Carter (fun fact: Courtney Love fu scartata, si dice, su pressione dello stesso Brad Pitt), Marla è una sbandata che vive di espedienti, consuma antidepressivi in modo eccessivo, ha una spiccata propensione al suicidio («Probabilmente è una cosa tipo un grido d’aiuto») e, come se non bastasse, si innamora di uno schizofrenico, con una delle sue personalità che la vede solo come un oggetto sessuale e l’altra che la respinge. Eppure Marla non nasconde il suo disagio, ci convive e lo esterna senza problemi, ma quando si innamora capisce di poter cambiare davvero. Ed è a sua volta l’amore per lei che spingerà il Protagonista a ribellarsi a Tyler riprendendo il controllo della sua psiche e superando finalmente questo periodo così strano della sua vita.
NUOVE GALASSIE
Oggi Fight Club rimane una visione quasi obbligata per ogni appassionato di cinema: ogni personaggio, anche il più piccolo, è memorabile; i tre protagonisti offrono tre fra le loro migliori interpretazioni e la regia chirurgica di Fincher rende ogni inquadratura e ogni immagine iconica. Ma, come avrete capito, ridurlo a “solo un film cult” non è possibile. Alla sua uscita Fight Club rappresentava una condizione umana che nessuno voleva vedere, una critica all’ideologia yuppie inaccettabile nell’America del 1999 – un animo che oggi è mutato, ma ancora presente nel tessuto della società odierna, sebbene dimenticato anche da chi lo ha provato e vissuto all’epoca. E, tuttavia, nonostante sembri sempre essere perennemente in anticipo o perennemente “fuori tempo massimo” su alcuni temi, sono convinto che in un futuro non troppo lontano saremo ancora qui a dire come in Fight Club ci sia qualcosa che racconti il presente. Un esempio: pensate alle missioni spaziali finanziate dai vari Elon Musk, Jeff Bezos, Richard Branson e simili e poi rileggete una delle prime battute del film:
“Quando l’esplorazione nello spazio s’intensificherà saranno le società a dare il nome a tutto; la sfera stellare IBM, la galassia Microsoft, il pianeta Starbucks”
Profetico, no?
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