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Intervista a Nicola Occhipinti, vice caporedattore della Gazzetta dello Sport

Matteo Scantamburlo è nato e vive a Milano, dove studia Storia e Critica dell’Arte all’Università Statale. Membro del Liberty fin dagli inizi, sul sito ha scritto, scrive e scriverà per raccontare le sue passioni e per creare divulgazione, convinto della necessità di vivere un rapporto attivo con la cultura.

Lei è il vice caporedattore della Gazzetta dello Sport, quando ha iniziato a lavorare per il giornale? Qual è stato il suo primo incarico?

Non sono il giornalista ideale per dirti qual è il tipico percorso del giornalista sportivo. Ho cominciato nei periodici scrivendo recensioni di musica classica e jazz, ma lo sport mi è sempre interessato e dopo 15 anni c’è stata l’occasione di venire alla Gazzetta: il direttore di SportWeek, l’allegato del sabato del giornale, mi ha portato con lui e sono passato al quotidiano. Il mio primo incarico come giornalista sportivo è stato curare sul settimanale del sabato una rubrica di corrispondenza con i lettori, “Domande di sport”; poi, arrivato in Gazzetta, è stato tutto un altro mondo, tutto un altro modo di fare giornalismo, che è un mondo in continua trasformazione a cui ora le nuove tecnologie hanno dato un’accelerata.

A tal proposito: negli ultimi anni il giornalismo, non solo sportivo, è sempre meno legato al giornale vero e proprio e sempre più vicino al mondo digitale e ai social network. Come vede questa evoluzione? 

Io sono sempre favorevole e aperto alle tecnologie, dal punto di vista della diffusione è un ottimo strumento, oggi la possibilità di informarsi è enormemente maggiore e questo è un bene. Per quanto riguarda la questione giornalistica, purtroppo non si è ancora veramente trovato il modo di fare introiti con l’online: è la scommessa del futuro, ma c’è questa difficoltà. Adesso chi vuole fare il giornalista deve inventarsi il mestiere, perché è un periodo di evoluzione della professione in cui è un po’ scomodo trovarsi dentro. Non saprei dire se sia un bene o un male, ma ormai la strada è tracciata. 

Perché dunque scegliere ancora un giornale cartaceo nel 2021?

C’è comunque un discorso di affezione, ad esempio ci sono i bar che comprano ancora molte copie per la gente che va a leggere la Gazzetta lì per abitudine. Personalmente se devo leggere per diletto preferisco sempre un libro di carta al Kindle o a uno schermo, sul giornale è un po’ la stessa cosa e gli articoli sono generalmente più lunghi e più approfonditi di quelli sul web, in cui non è molto curata la tecnica del racconto sportivo. Di certo non è facile, perché la gente spesso cerca l’informazione immediata.

Come quando c’è il calciomercato e magari si guardano solo i nomi e le cifre ?

 Sì. Però se, per esempio, nella tua squadra arriva un giocatore che non conosci, non trovi altrove l’interessante racconto di un giornalista che l’ha seguito e te lo rapporta.

Una domanda più strettamente legata al suo incarico: qual è, per sommi capi, la struttura di un grande giornale come la Gazzetta? Quali sono i ruoli diversi dal giornalista al suo interno?

In Gazzetta ci sono: più o meno un centinaio di giornalisti, un reparto grafico, un reparto info-grafico e, per i vari sport, dei “tavoli”, ciascuno dei quali ha uno staff composto da un capo e dei vicecapi. Questa è la struttura di base. Sopra c’è l’ufficio centrale, dove lavoro io, che è il luogo dove vengono controllate le pagine, si segue il web e si fa la prima pagina. Siamo in 8 e lavoriamo a turni. Io tengo i collegamenti con l’ufficio grafico, l’ufficio info-grafico, le fotografie: è un lavoro di verifica e di “macchina” del giornale. Poi sopra l’ufficio centrale c’è la direzione, dove ci sono tre vicedirettori e un direttore, da cui arrivano i contenuti più “schierati”. La Gazzetta, ad esempio, segue di più Inter, Milan e Juventus, perché i numeri grossi li fa in Lombardia.

Come sceglie un giornale chi assumere come giornalista?

Ora non si assume quasi più nessuno, si va verso contratti a termine o borse di studio di qualche mese, comunque le assunzioni vengono fatte dal direttore.

Possiamo dire che su questo ha influito anche la pandemia?

Sulle assunzioni in particolare no, la pandemia ha influito su tutto il mondo del lavoro e quindi anche sui giornali, ma in questo caso sono state decisive la crisi della carta stampata e quella economica precedente, che hanno portato molti giornali a chiudere o a rinunciare  alle assunzioni. Ora le redazioni si riducono sempre più all’osso e aumentano le firme esterne. In generale oggi l’assunzione in un giornale è una cosa veramente difficile, c’è una trafila da fare che passa per contratti a termine per poi, dopo, vedere cosa succede. È un mondo minacciato da molte incognite.

L’intero team di LibertyClub la ringrazia per la sua disponibilità.

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3 risposte

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