IL SUONO DELLA FEDE: QUANDO LA RELIGIONE ISPIRA LA MUSICA

Articolo di Matteo Scantamburlo

Nel corso della Storia la religione è sempre stata una componente fondamentale della vita dell'uomo, rivelandosi spesso la principale forza ispiratrice tanto delle sue opere più alte, come l'arte - nella quale la tematica religiosa è stata, pur nelle sue diverse interpretazioni, un'assoluta costante attraverso i secoli - quanto di quelle più tragiche, come le guerre, che tanto nel passato quanto nel presente hanno visto diversi schieramenti combattere tra di loro in nome di un credo. In questo articolo tuttavia ci si concentrerà soprattutto sui frutti positivi dell'ispirazione religiosa, e tra le espressioni in cui questa ha spesso avuto e continua ad avere un'importanza ragguardevole non si può non citare la musica, arte in cui la vicinanza al divino degli autori ha contribuito alla creazione di opere grandiose tanto nella tradizione classica (lavori come la Passione secondo Matteo di Bach o come il Requiem di Mozart sono solo due degli innumerevoli esempi illustri) quanto nella contemporaneità, nella quale la tematica sacra, soprattutto nell'interpretazione cristiana, ha attraversato con costanza i generi più disparati, dando vita anche a veri e propri album spirituali. 


Esempio iconico di ciò è A Love Supreme di John Coltrane, uscito nel 1965 e ritenuto unanimemente una delle pietre miliari del jazz e della musica contemporanea in generale, un album descritto dall'autore stesso come un'offerta a Dio e che con le sue quattro parti rappresenta il cammino spirituale del sassofonista, articolato in Acknowledgement (“ammissione” o “presa di coscienza”), Resolution (“risoluzione” o “decisione”), Pursuance (“perseguimento”) e Psalm (“salmo”). Queste sezioni  vanno a comporre un'unica suite, pensata da Coltrane con lo scopo di ringraziare Dio per avergli conferito il suo talento musicale e di mostrare alla gente il divino proprio tramite la musica. Dal punto di vista strutturale le quattro parti seguono tutte uno schema di tensione crescente che poi si scioglie distesamente nel finale e sono caratterizzate da grande teatralità e a tratti da una certa malinconia, soprattutto nell'ultimo brano, Psalm, suonato seguendo le parole di una poesia scritta dallo stesso Coltrane in un flusso di note ininterrotto, scelta che simboleggia bene il clima di improvvisazione e ispirazione nel quale avvenne la registrazione dell'album. Il sassofonista, infatti,  preparò solo poche bozze per le composizioni, senza dare ai musicisti con cui suonava della musica scritta, ma confidando nell'affiatamento ormai consolidato del quartetto, che effettivamente riuscì a concludere il lavoro in una sola sessione. Proprio quest'unica registrazione contribuisce a rendere il disco un'opera a tutto tondo, caratteristica che può portare a individuarlo come uno dei primi concept album della musica moderna e spiega uno dei motivi della sua enorme influenza, che non si limita solo all'ambito musicale, dove pure è notevolissima, ma si estende alla storia culturale americana in generale. Il manoscritto originale di A Love Supreme è infatti custodito al National Museum of American History e a San Francisco è stata addirittura creata una chiesa che basa le sue funzioni sulla musica dell'album, istituzione che sembra quasi realizzare la missione che Coltrane intendeva compiere con il suo capolavoro. 
John Coltrane
Se l'ispirazione religiosa di Coltrane fu presente nella sua musica solo nei suoi ultimi lavori, essa fu una costante fin dagli esordi per un altro grande artista dell'epoca, Leonard Cohen, che fin dal suo primo disco lasciò sempre larghissimo spazio a questa tematica nei suoi testi, dimostrando una straordinaria capacità nell'adattare agli argomenti trattati nelle sue canzoni riferimenti biblici e religiosi in generale. Così accade, ad esempio, in Suzanne, nella quale l'omonima donna, descritta come figura guida e come oggetto di un amore platonico e ultraterreno (“For you've touched her perfect body with your mind”), viene posta in parallelo alla figura di Gesù, rappresentato invece nel suo momento di massima vicinanza all'uomo, dunque come fonte di conforto e di speranza per l'anonimo amante di Suzanne (“But he himself was broken, long before the sky would open, forsaken, almost human, he sank beneath your wisdom like a stone”). L'elemento religioso è ben presente anche nel disco del 1971 Songs of Love and Hate, soprattutto in Last Year's Man, brano in cui Cohen immagina uno sfondo apocalittico che fa da cornice agli elaborati riferimenti biblici con i quali viene affrontata la tematica chiave del disco, la dicotomia tra amore e odio, tra integrità e peccato. Il narratore sembra essere il conciliatore di questi poli opposti, prima attraverso il suo coinvolgimento nel matrimonio tra “lo sposo Betlemme” e “la sposa Babilonia”, l'uno simbolo di fertilità e nascita cristiana e l'altra di superbia e corruzione, poi tramite l'incarnazione in sé tanto dell'amore di Gesù quanto della violenza di Caino; all'interno di questo dualismo l'autore però non pare scegliere una posizione, si vede piuttosto come un uomo in missione, come Abramo (“Some woman wait for Jesus, and some women wait for Cain, so I hang upon my altar and I hoist my axe again”). Nel complesso il brano appare molto più oscuro e incerto rispetto a Suzanne, ma ancora più difficile appare l'interpretazione della canzone più famosa del cantautore canadese, la celebre Hallelujah. In questo caso non è chiaro quale sia il soggetto a cui Cohen si rivolga, se Dio, una donna amata o entrambi; un’ambiguità intensificata dai frequentissimi cambi di strofe che l'autore operava nelle esecuzioni dal vivo, a dimostrazione di come forse nemmeno lui sia mai giunto ad una versione del brano che considerasse completa. Anche perché, come dichiarò, per questa canzone erano state scritte in origine più di ottanta strofe.
Risulta dunque molto complicato attribuire un significato preciso al pezzo, che sicuramente presenta riferimenti biblici, come nella frase di apertura, che narra la capacità di Davide di scacciare i tormenti di Saul suonando l'arpa, o nella seconda strofa, in cui lo stesso Davide vede Betsabea che fa il bagno, episodio che permette al cantautore di introdurre l'elemento erotico di fianco a quello religioso. Effettivamente, pur nella sua varietà di interpretazioni, il nucleo del brano sta, ancora una volta, proprio nell'intreccio dei due temi, nel quale Cohen mostra nuovamente la sua maestria nell'impreziosire di significato sacro tutti i temi toccati, caratteristica emblematica della rivoluzione da lui attuata della figura del cantautore, nel suo caso più che mai vicina a quella del poeta.
Leonard Cohen
L'ispirazione religiosa è propria poi anche di uno dei maggiori cantautori contemporanei, Sufjan Stevens, che affronta la materia in maniera assolutamente particolare nel suo quinto disco, l'acclamato Illinois del 2005, denso concept album in cui la rievocazione di personaggi storici ed eventi segnanti dell'omonimo Stato americano si accompagna di pari passo alle riflessioni personali dell'autore, il più delle volte a sfondo religioso. Ricorrente ad esempio è il contrasto tra aspirazione alla perfezione religiosa e tendenza umana al peccato, antitesi nella quale si intravede anche il grande dilemma interiore dell'autore, diviso tra la sua fede cristiana e il suo orientamento sessuale queer. Questa contraddizione è espressa straordinariamente in John Wayne Gacy Jr., in cui Sufjan racconta la storia vera di un criminale di Chicago, colpevole dello stupro e dell'omicidio di trentatrè bambini, descrivendolo come una persona all'apparenza assolutamente cortese e amabile per  mostrare come anche il più insospettabile degli uomini possa arrivare a compiere i peggiori delitti per via della natura peccaminosa dell'essere umano. Questa tendenza al male appartiene però anche  all'autore stesso, che se ne fa portatore nella toccante frase di chiusura (“And in my best behavior I am really just like him, Look beneath the floorboards for the secrets I have hid”), dove parla, alludendo alla sua sessualità, di “segreti” nascosti sotto le “assi del pavimento”, lo stesso luogo in cui il killer aveva occultato i corpi dei bambini uccisi; questa partecipazione umana al peccato è dunque tale da spingere il cantante a paragonarsi addirittura a Gacy. Anche in Casimir Pulaski Day la chiave di lettura del pezzo è offerta dai versi finali: nel brano Stevens esprime i suoi dubbi religiosi in seguito alla morte in giovane età di una sua amica d'infanzia, chiedendosi come un Dio onnipotente possa permettere una cosa del genere, e nella frase conclusiva della canzone manifesta la sua incertezza con la ripetizione del verbo take. A questa parola vengono affidati diversi significati in ognuno dei tre versi in cui compare, andando a sottolineare nel primo il sacrificio fatto da Gesù per salvare il genere umano, nel secondo lo sconvolgimento provocato nell'autore dalla morte della ragazza e nel terzo il fatto che Dio oltre a dare “prenda, prenda e prenda” (“All the glory when He took our place, but He took my shoulder and he shook my face, and he takes, and he takes and he takes”). In questa splendida riflessione si condensano simultaneamente la fede e l'incertezza del cantante, che però si riappacifica con la sua religione in una delle ultime canzoni dell'album, The Seer's Tower, in cui immagina di scrutare l'Apocalisse da una torre di sette miglia, marcando il suo allontanamento dalla Terra peccatrice e il suo avvicinamento al divino (“Oh my mother, she betrayed us, but my father loved and bathed us”). Una connessione, questa, che tuttavia rimane puramente personale e interiore, poiché anche Sufjan è destinato, come tutti gli umani, a morire e dunque a passare dall'altezza della torre divina alla profondità della tomba terrestre (“Still I go to the deepest grave, where I go to sleep alone”). Illinois è ovviamente solo uno dei tanti progetti a ispirazione religiosa del cantautore, anche se il tema con l'avanzare della sua carriera è diventato sempre meno centrale.
Sufjan Stevens
 Diametralmente opposto sembra, invece, il percorso seguito da un altro degli artisti più importanti del ventunesimo secolo, Kanye West, che già con uno dei suoi primissimi singoli - Jesus Walks del 2004 - aveva destato scalpore portando al successo un brano contenente una dichiarazione di fede così chiara e, nove anni dopo, in I Am a God (contenuta peraltro in un disco chiamato Yeezus) aveva preso proprio l'Altissimo come termine di paragone per il suo mai celato egocentrismo, inserendo peraltro lo stesso Dio tra i collaboratori della canzone, ma che negli ultimi anni è diventato quasi a pieno titolo un musicista religioso, con l'uscita, rispettivamente nel 2019 e nel 2021, degli album Jesus Is King, progetto di Christian hip-hop puro, e Donda, in cui sono contenuti alcuni dei suoi brani di maggiore carica spirituale. 
La direzione intrapresa in questa fase della carriera da Kanye risulta oggi l'esempio più lampante di come, anche in un mondo che sembra stia allentando il suo legame coi valori tradizionali e con la religione in generale, questa risulti ancora una fonte di ispirazione fortissima per alcuni dei maggiori artisti contemporanei, ma sono da segnalare anche progetti meno noti a livello commerciale, ad esempio il bellissimo Preacher's Daughter di Ethel Cain del 2022. 
Kanye West
Ad ogni modo è chiaro che la tematica, soprattutto in virtù della sua tradizione millenaria, continua ad affascinare anche a prescindere dalla fede di chi fruisce questi prodotti, e continuerà a farlo a prescindere dalla crescente secolarizzazione a cui il mondo va inevitabilmente incontro, poiché nella religione si potrà sempre trovare quella tendenza all'assoluto che alimenta l'arte nei suoi momenti più alti. Una tendenza da cui, in quanto uomini - anche se atei come il sottoscritto - saremo per sempre affascinati.