Champagne: oltre la celebrazione

Umberto Scabin nasce e vive a Milano, dove frequenta il corso di Scienze dei Beni Culturali presso l’Università statale e il corso di formazione per Sommelier di terzo livello.

Champagne e celebrazione, Champagne e re, Champagne e Capodanno…Champagne e giovani. Questo mitico vino che è stato nei secoli sinonimo di regalità, lusso e festeggiamento è in una fase più inclusiva della sua storia secolare. Da quando il benedettino Dom Pierre Pérignon in una lettera del 1709 scrisse: “Ho donato ventisei bottiglie di vino, il migliore del mondo…”, l’identità di questo prezioso vino spumante ha subito innumerevoli trasformazioni.

Effige di Dom Pérignon a Hautvillers

Sin dal XVIII secolo, lo Champagne è subito stato apprezzato e diffuso quasi unicamente sulle tavole degli aristocratici, anche grazie alla passione di Luigi XV, che ne favorì la diffusione. La nobiltà nella produzione continuò anche dopo la Rivoluzione Francese quando molti ex nobili si reinventano produttori di champagne: un esempio tra tutti, Athanase de Villermont, da cui nacque poi Bollinger. Dalla corte del re, le singole maison iniziano a interpretare le origini nobili del vino grazie a un’impetuosa modernizzazione degli aspetti produttivi e della successiva esplosione del mercato, che ha reso il vin léger un prodotto simbolo a livello internazionale. L’esclusività dello champagne lo ha fermamente mantenuto all’apice delle bollicine per secoli ma, ultimamente, il suo dominio è minacciato dall’avanzata a macchia di leopardo e incentrata di bollicine provenienti da tutto il mondo, spesso con fini commerciali a discapito della qualità. Primo fra tutti il prosecco, seguito dai Cava. Si può rischiare di scadere in confronti banali, tra bollicine a-regionali e lo Champagne…se proprio si volesse fare un confronto, lo si potrebbe fare con vini che rappresentano i vari metodi di spumantizzazione o con le diverse aree vitivinicole che producono metodo classico. Nel panorama dei vini spumanti lo Champagne rappresenta solo il 9% della produzione mondiale e, sul totale delle vigne mondiali, ne costituisce appena lo 0.5%.

Lo champagne è tuttora visto come qualcosa di rigido e ingessato, da stappare nelle grandi occasioni con la nonna. Invece, i giovani guardano a vini spumanti facili e accessibili, dall’immagine easy, come il Prosecco, e questo ci deve far riflettere sulla percezione che il grande pubblico di oggi ha dello champagne

Charles Philipponnat
Vigne, Hautvillers

Ma che cosa dunque rende i vini prodotti in champagne “Lo Champagne”? Sicuramente la sua unicità: se da una parte la vite nasce in un territorio profondamente discontinuo e frammentato in zone e sottozone dalle conformazioni geologiche rare, e dall’altra matura in un clima che si potrebbe definire ostile, il savoir-faire umano è ancora il pilastro portante della sua personalità, sia per le grandi maison sia per i vigneron. Come si va “oltre la celebrazione”? Le caratteristiche della regione, con soggettività agricole e vinicole definite e identitarie, con il 90% dei vigneti curati da piccoli coltivatori, insieme a un una campagna di comunicazione volta a far conoscere al pubblico le molteplici sfaccettature dello Champagne oltre il lusso, hanno portato produttori e consumatori a considerarlo non più lo spumante “da ricchi” e “delle grandi occasioni”, ma un vino a tutti gli effetti, versatile e protagonista di infiniti abbinamenti. La sfida per noi giovani è quindi quella di conoscere e distinguere la qualità, di uno spumante che per antonomasia è qualità, approfondendo e studiando, pensandolo come un vino da gustare a tutto pasto e sperimentando anche a diverse temperature. Lo Champagne continua ad essere gioia, vivacità, piacere ed emozione, ma deve rimanere lontano dagli stereotipi del consumismo. Nuove storie e suggestioni in arrivo.

PICCOLA GUIDA LIBERTY PER CONOSCERE LO CHAMPAGNE

Storia

  • Lo sviluppo della coltivazione della vite in Francia è legato agli ordini religiosi, molto diffusi nel X secolo sulle sponde della Marna
  • Attorno alla metà del 1400, la viticoltura e il commercio di vino diventarono importanti grazie alla posizione geografica di Reims e di Châlons-en-Champagne, sulla via commerciale tra la Borgogna, le Fiandre e i paesi nordici
  • Nel XVII secolo il vino bianco prodotto in Champagne era già frizzante, sia in botte sia a destinazione, specialmente se imbottigliato in marzo
  • Nel XVIII secolo il monaco benedettino Dom Pierre Pérignon, nelle cantine dell’Abbazia di Hautvillers studiò lo sviluppo della vite e lavorò al concetto di assemblaggio. Si adoperò per ottenere un vino sempre più limpido, ricorrendo al tappo di sughero per trattenere la spuma. Quel vino piacque ai nobili, alla corte di Francia e a quelle dell’Europa dell’Est
  • Nel 1927 viene completata una prima regolamentazione dello Champagne, con la demarcazione dei territori nei quali erano prodotte le uve, la definizione del sistema di conduzione del vigneto e le indicazioni dettagliate sul metodo di produzione della spuma

Terroir

  • I vigneti della Champagne si trovano a 150 km a est di Parigi, Adagiati sulle colline dei dipartimenti della Seine-et-Marne, Aisne, Marne, Aube e Haute-Marne
  • I terreni possono dividersi in quattro grandi zone, ognuna con diverse composizioni che incidono in modo determinante sul prodotto finale: Vallée de la Marne, Montagne de Reims, Côte des Blancs e Côte de Sézanne e Aube
  • La temperatura media annua è di poco superiore ai 10 °C, mentre tra luglio e gennaio sale a 16 °C, con variazioni degli ultimi anni legate al cambiamento climatico
  • Suolo e sottosuolo sono dotati di una certa omogeneità geologica ma con diverse combinazioni di gesso, marne, calcare, argille e sabbie silicee, che esprimono grandi varietà di terroir
  • Lo strato superficiale del terreno è in genere formato da argilla e sabbia, su un sottosuolo ricco di gesso. La craie, il famoso gesso della Champagne, è una roccia friabile e farinosa, composta da belemnite e da microrganismi fossili marini, risalente al Cretaceo Superiore

I vitigni

  • Pinot nero, pinot meunier e chardonnay sono i tre vitigni che dominano Champagne
  • Il vitigno più diffuso è il pinot nero, coltivato nel 38% dei vigneti autorizzati, soprattutto nella Montagne de Reims e nell’Aube
  • Lo chardonnay copre circa il 29% della superficie vitata e le sue preferenze vanno ai terreni gessosi della Côte des Blancs e de Sézanne
  • Il pinot meunier copre circa il 32% della superficie vitata e si coltiva dalla Vallée de la Marne fino all’Aisne, zone dove pinot nero e chardonnay non riuscirebbero a esprimersi al meglio

Produzione

  • La raccolta dei grappoli è manuale
  • La pressatura è soffice, progressiva e separata per le diverse uve e i vari terroir con una regolamentazione rigorosa: non si possono ottenere più di 2.550 l di succo ogni 4.000 kg di uve
  • Il prodotto della prima pressatura è la cuvée, 2050 l dei vini-base; la seconda pressatura produce 500 l di succo e si chiama taille; la terza, la rebêche, oggi è sottoposta a distillazione
  • Il succo, dopo una prima chiarificazione, è avviato alla fermentazione, separata per i mosti ottenuti dai diversi vitigni, che si attiva tra novembre e gennaio
  • Il vino è successivamente sottoposto alla fermentazione malolattica, a cui segue l’assemblaggio dei vini base che genera la cuvée, espressione del territorio e delle diverse annate
  • La cuvée, con l’aggiunta del “liqueur de tirage” (miscela di zucchero, lieviti e altre sostanze), è poi imbottigliata e lasciata riposare in posizione orizzontale nelle cantine, a 10-12 °C, per permettere consentire, in circa 2 mesi, la presa di spuma e lo sviluppo del perlage e dello spettro sensoriale
  • Le bottiglie riposano a contatto con i lieviti, che via via si estinguono per creare il ventaglio aromatico dello Champagne, per un periodo che va da due e tre anni per le cuvée standard, da tre a cinque anni per i millesimati, da cinque a dieci anni per le cuvée de prestige
  • Al termine del riposo avviene il remuage, che permette di concentrare i lieviti verso il collo della bottiglia, con rotazioni e inclinazioni manuali
  • Poi, la bottiglia capovolta viene immersa in un liquido a -25/-28 °C per ghiacciare il deposito creatosi con il remuage; la pressione esercitata dall’anidride carbonica espelle il deposito ghiacciato
  • Per colmare la perdita, si può aggiungere un po’ dello stesso vino-base o di liqueur o d’expédition o de dosage, una miscela di vino e zucchero di canna o zucchero d’uva o fruttosio
  • La bottiglia è infine tappata con il classico tappo di sughero e con la gabbietta metallica
  • Infine, il “poignettage” permette di miscelare al meglio 

Tipologie

  • Cuvée – un assemblaggio di vini-base diversi per vitigno, territorio e annata
  • Blanc de blancs – vini-base ottenuti da uve a bacca bianca
  • Blanc de noirs – vini-base ottenuti da uve a bacca scura
  • Millesimé – Champagne elaborati da uve raccolte solo in quella specifica vendemmia
  • Rosé – si ottiene con due diversi metodi: ai vini-base bianchi si aggiungono il pinot meunier o il pinot nero oppure si lasciano macerare per un tempo limitato in funzione del risultato che si vuole ottenere le uve di pinot nero e/o pinot meunier

Gli Champagne sono definiti anche in base alla quantità di zucchero presente, che nella maggioranza dei casi deriva dal dosage:

Brut nature (che dal 1996 corrisponde a uno Champagne sans dosage) il cui residuo zuccherino deve essere inferiore a 3 g/l

Extra-brut ha un residuo zuccherino compreso tra 0-6 g/l

Brut, con un residuo zuccherino inferiore a 12 g/l

-Extra-sec o Extra-dry, con un residuo zuccherino compreso tra 12-17 g/l

Sec tra 17-32 g/l

Demi-sec tra 32-50 g/l

Doux, con un residuo zuccherino maggiore di 50g/1

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