Champagne e celebrazione, Champagne e re, Champagne e Capodanno…Champagne e giovani. Questo mitico vino che è stato nei secoli sinonimo di regalità, lusso e festeggiamento è in una fase più inclusiva della sua storia secolare. Da quando il benedettino Dom Pierre Pérignon in una lettera del 1709 scrisse: “Ho donato ventisei bottiglie di vino, il migliore del mondo…”, l’identità di questo prezioso vino spumante ha subito innumerevoli trasformazioni.
Sin dal XVIII secolo, lo Champagne è subito stato apprezzato e diffuso quasi unicamente sulle tavole degli aristocratici, anche grazie alla passione di Luigi XV, che ne favorì la diffusione. La nobiltà nella produzione continuò anche dopo la Rivoluzione Francese quando molti ex nobili si reinventano produttori di champagne: un esempio tra tutti, Athanase de Villermont, da cui nacque poi Bollinger. Dalla corte del re, le singole maison iniziano a interpretare le origini nobili del vino grazie a un’impetuosa modernizzazione degli aspetti produttivi e della successiva esplosione del mercato, che ha reso il vin léger un prodotto simbolo a livello internazionale. L’esclusività dello champagne lo ha fermamente mantenuto all’apice delle bollicine per secoli ma, ultimamente, il suo dominio è minacciato dall’avanzata a macchia di leopardo e incentrata di bollicine provenienti da tutto il mondo, spesso con fini commerciali a discapito della qualità. Primo fra tutti il prosecco, seguito dai Cava. Si può rischiare di scadere in confronti banali, tra bollicine a-regionali e lo Champagne…se proprio si volesse fare un confronto, lo si potrebbe fare con vini che rappresentano i vari metodi di spumantizzazione o con le diverse aree vitivinicole che producono metodo classico. Nel panorama dei vini spumanti lo Champagne rappresenta solo il 9% della produzione mondiale e, sul totale delle vigne mondiali, ne costituisce appena lo 0.5%.
Ma che cosa dunque rende i vini prodotti in champagne “Lo Champagne”? Sicuramente la sua unicità: se da una parte la vite nasce in un territorio profondamente discontinuo e frammentato in zone e sottozone dalle conformazioni geologiche rare, e dall’altra matura in un clima che si potrebbe definire ostile, il savoir-faire umano è ancora il pilastro portante della sua personalità, sia per le grandi maison sia per i vigneron. Come si va “oltre la celebrazione”? Le caratteristiche della regione, con soggettività agricole e vinicole definite e identitarie, con il 90% dei vigneti curati da piccoli coltivatori, insieme a un una campagna di comunicazione volta a far conoscere al pubblico le molteplici sfaccettature dello Champagne oltre il lusso, hanno portato produttori e consumatori a considerarlo non più lo spumante “da ricchi” e “delle grandi occasioni”, ma un vino a tutti gli effetti, versatile e protagonista di infiniti abbinamenti. La sfida per noi giovani è quindi quella di conoscere e distinguere la qualità, di uno spumante che per antonomasia è qualità, approfondendo e studiando, pensandolo come un vino da gustare a tutto pasto e sperimentando anche a diverse temperature. Lo Champagne continua ad essere gioia, vivacità, piacere ed emozione, ma deve rimanere lontano dagli stereotipi del consumismo. Nuove storie e suggestioni in arrivo.
Storia
Terroir
I vitigni
Produzione
Tipologie
Gli Champagne sono definiti anche in base alla quantità di zucchero presente, che nella maggioranza dei casi deriva dal dosage: –Brut nature (che dal 1996 corrisponde a uno Champagne sans dosage) il cui residuo zuccherino deve essere inferiore a 3 g/l –Extra-brut ha un residuo zuccherino compreso tra 0-6 g/l –Brut, con un residuo zuccherino inferiore a 12 g/l -Extra-sec o Extra-dry, con un residuo zuccherino compreso tra 12-17 g/l –Sec tra 17-32 g/l –Demi-sec tra 32-50 g/l –Doux, con un residuo zuccherino maggiore di 50g/1 |