Racconto

Un guscio vuoto

È ormai da tempo che in Italia si protrae il dibattito riguardo all’inserimento dei testi dei grandi cantautori italiani all’interno delle antologie scolastiche.

Può infatti capitare, al giorno d’oggi, di imbattersi in una canzone di De André, Dalla o Guccini mentre si sfoglia un libro di letteratura delle scuole medie o superiori. Il riconoscimento di questi testi come vere e proprie poesie è ancora oggi fonte di discussione tra i suoi sostenitori e detrattori: i primi, tra cui si è più volte identificato il ministro della cultura Dario Franceschini, considerano le canzoni d’autore i simboli di una generazione, documenti di grande valore culturale oltre che artistico, mentre i secondi, pur riconoscendo l’indiscutibile validità di alcuni testi, li reputano inscindibili dalla loro componente musicale.

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A Torino

Disporrò dei piccoli Cactus e qualche Aloe tra “I dolori del giovane Werther” e le poesie di Garcia Lorca sulle mensole di legno nella mia casa, a Torino.
Il mio appartamento avrà delle spaziose pareti bianche su cui appenderò i miei poster e le mie fotografie; per esempio quella della nonna da giovane, con quel vestito giallo così retrò, ma che a quella sua figura sinusoidale stava tanto bene (io sono troppo smilza per indossarlo, mi fa sembrare una triste campanula per come mi cade sui fianchi).

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La linea rossa

Avevo appena varcato la soglia d’entrata della casa di Silvio, e la prima cosa che mi saltò all’occhio era un mobile munito di due ante e di una mensola, sulla quale regnava un ordine a dir poco evidente. Di fatto nelle restanti stanze della casa il disordine era sovrano, tranne lì, in quell’angolo.

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