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“Barbari” in tre parole

Recensione di Lorenzo Mottinelli

Nella mia esperienza, seppur modestissima, di spettatore e appassionato di cinematografia,

raramente ho trovato produzioni che potessero essere raccontate solo attraverso qualche parola, che però fosse in grado di rendere al massimo il valore della produzione senza sminuirla.

È il caso della serie televisiva Barbari, prodotta e distribuita da Netflix a fine ottobre del 2020. 

La serie è composta da una singola stagione, che, però, ha subito riscosso un notevole successo, aggiudicandosi un posto nella “Top ten” delle serie tv presenti su Netflix.

Credo che si possa descrivere Barbari con solo tre parole, ovviamente corredate da un’opportuna contestualizzazione.

Ma, prima di arrivare a svelarle, ritengo sia doveroso introdurre brevemente la trama e l’ambientazione della serie.

Barbari si ispira a eventi realmente accaduti intorno al 9 d.C., periodo nel quale Roma era impegnata nella conquista della Germania. La serie narra della battaglia di Teutoburgo e, in particolare, di alcuni retroscena precedenti allo scontro: la fitta ragnatela di relazioni che collegava tra loro diversi personaggi, più e meno influenti, sia dello schieramento romano sia delle tribù germaniche, i loro interessi segreti e gli obiettivi di entrambe le fazioni.

Alcuni personaggi sono reali e sono raccontati fedelmente anche i loro rapporti reciproci. Tuttavia, probabilmente al fine di creare una narrazione più avvincente e completa, sono stati introdotti alcuni personaggi fittizi. Sebbene spesso accada che nelle rappresentazioni di eventi reali l’introduzione di alcuni elementi o personaggi inventati rischi di rovinare il prodotto finale, in questo caso tali personaggi non interferiscono affatto con la storia narrata, anzi, la loro presenza aiuta nell’insieme a creare un giusto equilibrio. 

Ci troviamo nella Germania del 9 d.C.,

l’esercito romano, composto di tre legioni guidate dal generale Publio Quintilio Varo, è accampato nei pressi dei villaggi dei barbari, con lo scopo di sottomettere le numerose tribù germaniche e ottenere un ferreo controllo sulla regione. 

Tra le varie tribù figura quella dei Cherusci, alla quale appartiene il figlio adottivo di Varo, Arminius, che è figlio del reik (capo) della tribù, dalla quale è stato brutalmente allontanato quando era ancora un bambino. Egli viene poi cresciuto con affetto paterno da Varo nella capitale dell’impero, secondo le usanze e i costumi della civiltà romana.

Arminius si trova con Varo nell’accampamento per aiutarlo in tutte le operazioni militari.

È evidente il conflitto di interessi che divide Arminius: anche se all’inizio della serie egli sembra fermamente convinto della sua posizione nello schieramento romano, poi, com’è inevitabile, si troverà di fronte a un dilemma che lo ha sempre accompagnato: scegliere se appartenere alla sua famiglia naturale o alla civiltà che lo ha cresciuto, istruito e addestrato.

Riconosco che raccontare questo scenario, che sembra di per sé piuttosto complesso, servendosi solo di alcune parole, potrebbe sembrare riduttivo e semplicistico, eppure nella semplicità, dopotutto, c’è l’essenza.

La bellezza di Barbari risiede in parte anche nella sua semplicità,

nella sua efficace capacità espressiva di trasmettere in modo chiaro e diretto – semplice – i valori di cui si fa portatrice.

Ecco quindi le tre parole che secondo me raccontano e descrivono questa serie: famiglia, lealtà, sangue.

Perché famiglia?

Barbari narra la storia della battaglia di Teutoburgo principalmente dal punto di vista delle tribù germaniche e in particolare da quello di Arminius. 

La storia di fatto si evolve sempre più incentrandosi sul profondo dilemma familiare del protagonista. Egli è nato barbaro, di origini germaniche, ma è stato cresciuto ed educato a Roma e crede fortemente nella sua appartenenza alla civiltà d’adozione. Tuttavia sarà fatale per lui la consapevolezza che non potrà mai diventare un romano a tutti gli effetti. In quanto nato barbaro, infatti, ciò che l’Imperatore vuole è che lui diventi il nuovo reik della sua tribù natìa, per poter governare la Germania per Roma. 

Venuto a conoscenza di questo dettaglio, Arminius si sente oltraggiato e si ritrova a dover affrontare la questione della sua appartenenza a una comunità, a una famiglia.

In questo contesto la lealtà gioca un ruolo fondamentale.

Questa virtù è richiamata con attenzione in ogni episodio della serie e viene rivendicata sia dalle tribù sia dai Romani, come ad accentuare la posizione ambigua di Arminius che si ritrova nel mezzo di queste due realtà, scisso nel suo dilemma familiare, interpretabile anche come un problema di lealtà a due culture che si trovano in aperto contrasto.

L’ultima parola, sangue, è intesa con un duplice significato, il primo ideologico e il secondo più concreto. Nel primo caso infatti la parola sangue è intesa come “dinastia”, “discendenza”, ed è ricollegabile alla stirpe di Arminius e al suo dilemma familiare. Il secondo significato invece è riferito alla sfera più materiale, si tratta infatti della crudezza e della violenza che accompagnano la maggior parte delle scene della serie. 

È innegabile: Barbari è una serie cruenta e piuttosto cruda. Lo si evince già dai primi episodi in cui, senza troppi fronzoli, viene decapitato un barbaro e la sua testa impalata al centro dell’accampamento romano; un bambino viene colpito alla testa e, rimasto vittima di un pericoloso trauma cranico, rimane paralizzato per metà del corpo; tre persone vengono crocifisse e un’altra bruciata viva.

Tuttavia questa crudezza contribuisce a rendere il senso di realtà di cui è impregnata la serie.

Sembra quasi che i produttori ci vogliano dire: “inutile illudersi che nell’antichità fosse tutto rose e fiori, l’uomo è sempre stato duro e spietato”. 

In realtà anche altri elementi colpiscono particolarmente in Barbari. L’esempio per me più lampante, forse per via della mia istruzione classica, è il Latino. Esatto, il Latino. La “lingua morta” in Barbari prende magicamente vita e trova un ampio e libero sfogo in tutte le battute recitate dai personaggi romani. Questo è certo un grande valore aggiunto della serie. 

E sono certo che, se anche voi vi cimenterete nella visione di questa serie, scoprirete altri dettagli e particolari degni di nota.

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2 risposte

  1. Condivido praticamente tutto , serie cominciata per vedere sotto un punto di vista cinematografico la storia romano-barbarica e l’ho trovata piacevole da vedere nonostante sia molto cruda e schietta . Forse proprio per questo la posizioni tra una delle migliori serie storiche che abbia mai visto .

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